Oggi 21 marzo 2020 cade la celebrazione della “Giornata Mondiale della Poesia” che avremmo voluto, come ogni anno, celebrare e festeggiare con tutti gli amici poeti. Le attuali circostanze, a tutti ben note, legate all’espandersi dell’epidemia di COVID-19, ci impediscono di stare insieme ma nessuna circostanza, anche la più drammatica credo possa silenziare la voce della poesia che nei momenti più tragici della storia dell’umanità si è sempre levata per ricordare, denunciare, raccontare e offrire, infine, all’uomo dolente la voce della speranza. Anche se non possiamo “fisicamente” stare vicini in occasione di tale importante giornata, anche se non possiamo ascoltare la voce dei nostri poeti, possiamo comunque celebrare una tale giornata leggendone i versi.
Stefano Iorfida
TORNEREMO A GUARDARE IL CIELO
Gioacchino Amaddeo
Gli occhi chiusi
nel tempo di un orizzonte…
l’inverno ha portato il buio
troppo presto.
Fuori dalla finestra
scorrono immagini
di questi giorni soffocati
dai riflessi del passato che torneranno.
Alzo gli occhi
per cercare quel respiro
che mi ricorda il tuo viso…
portami via
da tutto questo vuoto che sento.
Questo temporale mi spinge
ovunque tu sia…
la luce della luna vive
nei frammenti del vetro infranto.
Domani ci sarà il sole…
torneremo a piangere,
e di te ricorderò il sorriso,
che tra le lacrime
attraversa queste nuvole.
Insieme, mano nella mano,
torneremo a guardare
il cielo.
Potessi chiudere gli occhi
Nancy Calabrò
Potessi chiudere gli occhi
e aprirli quando il tempo
si aprirà a un volo.
Il senso della bellezza
racchiuso in quattro mura
tra il calore della casa
e il gelo della paura.
L’ arte mi è vicina
compagna, sorella e amica.
Il tempo mi accarezza
come nuvola che passa.
Sono luce,
sono cielo
sono libro e sono musica.
Abbraccio col pensiero,
tendo la mia mano al mondo
per toccarlo,
quando tutto questo
che adesso trema
in un tempo nuovo,
sarà finito.
10 3 2020
TI RICONOSCO REGGIO
Pina De Felice
Quando la sera ritorna
ad ascoltare il vento
e il mare silenzioso
si dondola alla brezza
io ti riconosco Reggio
mia città d’amore.
Tu mi porgi la mano
ed io l’ascolto in seno.
Torna di lui
quella fastosa sera
quando nascemmo
bambini nell’amore.
Il mare cullava il monte
al dondolio di mazzetti
di schiuma sulla roccia
e poi bussava al luccichio
di tremule luci sull’asfalto.
Io, lui e la ringhiera
con la sua mano
ammorbidita nell’abbraccio
e il vulcano a sbuffare d’emozione.
La vidi per caso quell’ondina
che curiosa fingeva
di abbracciarsi con la barca.
Incontro al sole
Mimma Iannò
Con cuore puro
piantando una tenda
sui bordi delle radure
e assaporare la dolce musica
degli infiniti universi.
Incontro al sole
ascoltando canti
accarezzata da leggere
brezze mattutine
e vivere vivere
l’incanto di questa vita
mai troppo a lungo vissuta.
Incontro al sole
senza bruciarmi
foderata di speranza
indistruttibile corazza
per il grande viaggio.
E là nel sole
girandola di dei
potenti e solitari
fermarmi e donare
del mio corpo l’ultimo raggio.
Fiori di campo
MIMMA LICASTRO
Le mie giornate profumavano
dei fiori di campo,
tra volti gioiosi mi inebriavo
del tuo sguardo,
felice correvo per fare dono
di me
abbracciata alla tua perenne
giovinezza.
Poi, Signore,
ho avuto paura e il mio
passo s’è fermato
tra slanci d’amore e incertezze
di vita.
Ho avuto paura
e il profumo dei fiori di campo
si è perso tra rovi
ed arbusti
tra crepe ed anfratti.
Ho avuto paura, Signore,
ed ore che più giovinezza
non traluce dal viso
sul tuo altare di pietra
depongo il mio essere.
Bruchina
Teresa Lofaro
Si narra che quando giungi in Natura devi chiudere gli occhi e chiedere agli “esseri della foresta” di accoglierti nel loro mondo…
Bruchina si era appisolata sotto una foglia di platano. A quell’ora del meriggio si alzava spesso un vento delicato che soffiava dolcemente sollevando come un ventaglio la foglia palmata che ombreggiava la nostra lumachina. Il Platano la conosceva bene e da quando era nata il suo tronco era diventato casa sua. Nel sonno Bruchina sentiva spesso una voce mormorare :-” Devi uscire dal tuo guscio!” E lei pensava tra sé e sé :-” Come faccio a liberarmi della mia casa se sono una lumaca?” E per quanto si sforzasse non riusciva a capire il significato di quel sogno e si agitava, si lamentava. Il vento la cullava sussurrando e il Platano intrecciava le sue radici caldamente e amorevolmente intorno a lei. Così Bruchina non aveva paura. Era stata affidata alla Natura sin dalla nascita. Bruchina amava i suoi amici alberi. Agitava le sue antennine per salutarli e scuoteva la sua conchiglia per manifestare la sua gioia. La sua casetta era speciale. Era di colore viola, trasparente, sembrava un’ ametista, sembrava un cristallo prezioso.
Un giorno mentre passeggiava per un sentiero, lungo il ruscello all’ ombra dei salici, venne presa da un signore e adagiata in un cestino dove si trovavano già tante altre chiocciole. Si agitavano spaventate, entrando e uscendo dai loro gusci. Tra di loro c’era anche la Sacerdotessa. Era la lumaca Madre della foresta. Colei che vegliava sulle sue consorelle. Spiegava con tono solenne che quell’uomo era un ristoratore e che nel menù del giovedì sera proponeva da qualche settimana le “lumache gratinate”. Bruchina era incredula e sbalordita. Non sapeva di essere commestibile! Bisognava trovare un escamotage per sfuggire alle intenzioni culinarie di quell’uomo…
E a questo punto della storia vi chiederete come farà una lumaca a “tirarsi d’affare”?
Bruchina era nata con un dono. Si dice fosse stata partorita da una fata. Sotto il suo guscio disponeva di un paio d’ali ma non lo sapeva ancora. La sacerdotessa conosceva la sua storia e gliela raccontò. Bruchina si ricordò che quella mattina mentre beveva dall’acqua del ruscello si era specchiata. Aveva notato nell’acqua il riflesso luccicante del suo guscio ma non vi aveva prestato nessuna attenzione. Guardava ora i gusci delle altre lumache. Erano diversi dal suo. Ripensò alle parole del sogno “uscire dal guscio”.
Bisognava liberare le sue consorelle!
Vi ricordate l’inizio della storia? “chiedere il permesso agli” esseri della natura “prima di entra a casa loro. Ebbene quel buon uomo quel giorno non lo fece. Era entrato di prepotenza nel bosco lasciando mozziconi di sigarette e rifiuti qua e là. Bruchina nel frattempo era volata via per chiedere aiuto ai suoi amici Elfi. E si sa… gli Elfi sono un po’ birichini… Decisero di dare a quell’uomo una lezione di educazione civica, “spaventandolo” un po’, così da rilasciare la sacerdotessa e le altre lumache alla loro foresta.
L’uomo camminava a passo svelto e a dire il vero aveva raccolto un bel bottino. Si fermò per riposare. Appese il cesto ad un ramo. Tirò fuori dallo zaino una birra che bevette di gran gusto, diede un morso al suo pane e finito lo spuntino gettò tra i cespugli la bottiglia e la carta del pane. Si accese una sigaretta, la fumò e si appisolò. Elfo Acero avanzò piano piano, sfilò il cesto con le lumache dal ramo e scappò più veloce della luce. Elfo Pioppo gli sottrasse lo zaino e le sigarette e andò a recuperare i rifiuti gettati appoggiandoli proprio accanto al suo cappello. Poi si allontanò. L’uomo si svegliò di scatto e stiracchiandosi prima di rimettersi in marcia cercò meccanicamente allungando il braccio lo zaino e le sigarette. Non trovò nulla. Alzò lo sguardo agitato e vide che il cesto era scomparso. Capì però vedendo i rifiuti a terra che qualcuno aveva voluto dargli una lezione. Raccolse tutto e rientrò borbottando e brontolando. Forse un giorno capirà che la natura va rispettata!
La Natura è la casa degli esseri “Amanti”.
Bruchina tornò dal suo amico Platano. Quella sera intorno a lui Elfi, Fate e lumachine fecero un grande cerchio , intonando un canto in una danza per ricordare l’importanza e la sacralità di Gaia, la nostra Madre Terra.
Le pagine hanno smesso di respirare
Pietro G. M. Rossetti
Le pagine hanno smesso
di respirare, il cuore
dei caratteri a stampa
ha pompato l’ultimo
schizzo di piombo
e inchiostro nelle arterie
rilegate di carta. “Una vita
per una vita, una storia
per una storia” ho detto
al funerale gettando
cenere sulla copertina
Vorrei che quella copertina
si aprisse come un cancello
al corpo che ho partorito
e che allatto alla tastiera
come il fumo della pipa
del vecchio Tolkien
che si leva come la nebbia
sul mare oltre la Terra di Mezzo
o come il sottofondo di notte
della tv di Neil Gaiman
che gli trasmetteva le storie
di Morfeo in onirica definizione
Su questi sentieri asfaltati
di pagine word e punto doc
pestano gli zoccoli di cavalli,
cavalieri all’ultimo galoppo
frenetico: all’ultima taverna
gli hanno servito il brodo nero
dei miei fratelli draghi
e dei miei compagni gufi
Galoppano nella notte
frustata dal grido di magrebini
in astinenza del Sahara
non hanno trovato la sabbia
sul fondo dei bicchieri
e si disperano e gridano
e mi ricordano che sul fondo
delle pagine non trovo altro
che la mia storia mescolata
alla polvere e alla musica
al caffè e al sonno
UT PICTURA POESIS
Viaggio nella Poesia Calabrese del Novecento- Immagini di Marco Costantino e testi di: Corrado Alvaro, Antonino Anile, Franco Araniti, Lilly Arcudi, Emilio Argiroffi, Massimiliano Barberio, Michele Barillaro, Rosita Loreley Borruto, Giovanna Brancatisano Sciarrone, Luca Caccamo, Nancy Calabrò, Lorenzo Calogero, Franco Cardone, Giuseppe Casalinuovo, Rodolfo Chirico, Antonina Maria Corsaro, Franco Costabile, Pina De Felice, Maria Festa, Alba Florio, Vincenzo Gerace, Nadia Giordano, Silvana La Rocca, Salvatore Lazzarino, Mimma Licastro, Teresa Lofaro, Giacomo Marcianò, Carlo Ernesto Menga, Paolina Messina, Mintom, Carlo Morabito, Ermelinda Oliva, Anna Petrungaro, Antonio Piromalli, Antonella Postorino, Ernesto Puzzanghera, Leonida Repaci, Raffaele Romano Giovinazzo, Maria Rosaria Roselli, Pietro Rossetti, Franco Saccà, Raffaele Sammarco, Daniela Scuncia, Caterina Silipo, Geppo Tedeschi, Gilda Trisolini, Giuseppe Tympani, Francesco Tropeano, Riccardo Vittorio Timelli.